L’attività della Compagnia dell’Alto Monferrato si riconosce nella definizione di ‘Living History’, volta alla ricostruzione di momenti di vita ed ambienti con finalità didattica e divulgativa. Il gruppo storico si ispira alle vicende del territorio dell’Alto Monferrato dal 1280 al 1330, rievocandone aspetti di vita quotidiana e militare. In particolare, vista la collocazione geografica dell’associazione e dei suoi membri, si è scelto di focalizzare l’attenzione sul marchesato di Ponzone, situato nell’Alto Monferrato, che rivestiva da sempre una particolare importanza per Genova poiché rappresentava un luogo strategico sulla fascia appenninica, passaggio importante tra il mare e la Pianura Padana.
Nel marzo del 967 l’imperatore Ottone I con diploma imperiale conferì ad Aleramo, personaggio molto importante presso i Re d’Italia Ugo di Provenza, Berengario II, e Lotario d’Italia i poteri marchionali su di un vasto territorio che includeva l’odierno Piemonte meridionale sino alle coste liguri. È qui che il nome di Ponzone compare per la prima volta incluso in quelle “cortes absas in deserti loci consistentes – a flumine Tanaro usque ad flumen Urbam et at litus Maris”. L’esistenza di Ponzone ed il dominio della stirpe Aleramica sulle sue terre è confermato anche dai documenti redatti per la fondazione del monastero di San Quintino di Spigno nel 991, al quale Anselmo figlio di Aleramo, sua moglie ed i di lui nipoti Guglielmo e Riprando donano 130 “massaricii” tra i quali troviamo anche “in loco et fundo Puncionem, mansos septem”
Il capoluogo del marchesato, Ponzone, era un vero e proprio borgo, sede della fortificazione e con un mercato di modeste dimensioni, sufficiente ad attrarre artigiani ed a generare delle discrete entrate per i loro signori e sulle quali essi dovevano pagare le decime al vescovo conte di Acqui, di cui era vassalli fin dal 15 aprile 1210. Ma già nella prima metà del 1200 il Marchesato di Ponzone rivesteva grande importanza strategica, e politica. I domini arrivavano all’antica Finarium (l’odierna Finale Ligure) e i marchesi spesso rivestivano compiti di grande importanza. Interessante la figura del Vescovo Azzone, figlio di Ugo il Grande, marchese di Bosco e Ponzone, fratello minore di Anselmo, munifico benefattore e fondatore del monastero abbazia di Tiglieto. Nella lettera inviata al conte Palatino di Worms, del 1122, con la quale presentava la delegazione pontificia a quella della Dieta, incaricata della rinuncia imperiale alle investiture, Papa Callisto II univa raccomandazioni personali per il vescovo Azzone, presentandolo come suo parente, in quanto egli discendeva dai Marchesi di Bosco e Ponzone. Azzone è documentato altresì come imparentato con l’imperatore Enrico V. Tra il Duecento ed il Trecento il marchesato disponeva di una Zecca marchionale per coniare moneta propria, possibilità che fu poi negata dall’Imperatore Enrico VII con un decreto del 7 novembre 1310. La rilevanza di questa piccola ma non di meno importante corte è attestata, altresì, dall’esistenza di componimenti poetici cortesi dei trovatori Raimbaut di Vaqueiras e Guilhem de la Tor, che la frequentarono già nei primi anni del XIII secolo. Importante fu anche la fitta rete di rapporti che, come altre famiglie nobiliari piemontesi, i marchesi di Ponzone, costruirono con i Templari: alcuni importanti membri delle famiglie nobiliari ponzonesi figurano infatti tra queste.
Il primo riferimento storico ove si nomina un marchese di Ponzone Cavaliere del Tempio è una donazione fatta nel 1189 dal Marchese Enrico, da suo fratello ed un parente, Giacomo di Ponzone, f a Santa Maria di Rivalta “ut deus et dominius noster assertione Beate Virginis Marie a servitio Ierosolimitano sanos et incolumes ad limina eorum redire concedat” prima di partire per la terza crociata alla volta della Terrasanta, dove due anni prima Gerusalemme era caduta nelle mani di Saladino. Questo è il primo riferimento in cui si nomina un Enrico, cavaliere del Tempio, tuttavia nel corso degli anni almeno due o tre saranno i Templari ponzonesi a nome Enrico. Un Enrico di Ponzone, Templare, fu infatti precettore della mansione di Pavia e di quelle «a Papia superius», intorno al 1252, anno in cui Pietro, Vescovo di Tortona, gli concesse l’ospedale e l’oratorio di San Giacomo . Un “dominus Enricus Templerius” viene menzionato come testimone in una carta relativa a Tommaso di Ponzone nel 1263 . Due atti contenuti in un’unica pergamena , risalente alla seconda metà del secolo XIII, conservata all’Archivio di Stato di Torino, riportano una controversia tra il marchese Bonifacio del Carretto, signore di Ponti e il marchese Enrico di Ponzone, figlio del marchese Alberto (d.1264) cavaliere Templare, consignore della villa di Denice . Gli atti sono datati 29 giugno 1271 e 11 settembre 1271. Il giudice Giacomo Bertolotto delibera di assolvere il Templare di Ponzone dalla restituzione di una pezza di terra a Bonifacio del Carretto e di concedere ad entrambi il possesso di tutta la terra alluvionale che il fiume aveva riversato nelle rispettive proprietà. Il nome Enrico è peraltro ricorrente nella famiglia dei marchesi di Ponzone, infatti in alcuni documenti di fine del XIII secolo un Enrico Templare, in data 5 giugno 1296 diede in feudo ad Enrichetto, figlio di Tommaso di Ponzone, la terza parte della villa di Denice .
Il Dizionario geografico-storico di Goffredo Casalis cita una investitura vescovile concessa ad Enrico, figlio di Emanuele di Ponzone e cavaliere del Tempio avvenuta nel 1296 , inoltre, qualche giorno prima, il 26 settembre 1307, un Enrico Templare testimoniò ad un atto in cui i marchesi Oddone e Ughetto del Carretto concessero alcune esenzioni agli uomini del Cairo (Montenotte) .
E’ possibile ipotizzare che si trattasse in alcuni casi di cadetti della casata dei marchesi di Ponzone.
Di una casa templare a Ponzone, secondo i canoni del tempo posta sulle principali strade di comunicazione e frequentemente fornite di un hospitium per i viandanti e i pellegrini, si ha notizia in un testamento del 23 Gennaio 1278 in cui il prete Alberto Scota d’Acqui “legat Raimundo Gossi unum platium in Ponzono, cui coherent via, et Templarii”.
Secondo Luigi di Ponsiglione “non è improbabile che quella casa venisse fondata e arricchita con donazioni dagli stessi marchesi di Ponzone, giacché si ha un documento di devozione verso l’Ordine de Templari, nella persona di Enrico, marchese di Ponzone, il quale vi fu ascritto egli stesso, e che si vede testimonio, e nominato in più carte, qualificandosi sempre come Templare ”.
Un dominus Henricus templaritus, marchio de Ponzono, compare anche tra i testi presenti alla conferma delle Consuetudines comunii Cortemiliae il 24 novembre 1283. Riveste particolare importanza un documento del 15 settembre 1222, stilato in Vercelli, nella casa templare di San Giacomo d’Albareto, con il quale Frà Giovanni Lombardo, Gran Precettore di tutte le case del Tempio in Italia, nomina Frà Jacopo de Mellacio, precettore della stessa casa di San Giacomo, come suo procuratore incaricato di rappresentarlo in tutte le cause e le liti allora in corso fra le mansioni Templari di San Giacomo d’Albareto, Santa Maria di Novara, Santa Maria de Isana, Santa Maria di Ruspaglia e San Nazario di Ivrea, da una parte, ed i podestà e i rettori dei comuni di Vercelli, Novara e Ivrea dall’altra. In tale atto viene registrata la presenza di Petri Marchionis de Puncono (Ponzone) come teste che assistette alla stesura dell’atto. Un Marchese di Ponzone che presenzia in qualità di teste ad un atto così importante per l’Ordine in una mansione templare sta a significare l’esistenza di stretti rapporti tra questa famiglia e l’Ordine stesso; numerosi, infatti, furono i membri di questa casata che ricoprirono le più alte cariche all’interno del Tempio, oltre al Frà Bonifacio citato in precedenza.
Enrico Ivaldi